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Questa lista che vi vado a presentare non è assolutamente da intendersi, né lo vuole essere, un compendio di tutta la musica italiana più rappresentativa. Neanche della più “importante”, storicamente parlando. Anzi, il mio obiettivo è invece presentare uno spaccato -una sezione possiamo dire- molto personale di brani che consiglierei a uno studente d’italiano curioso di scavare appena sotto la superficie degli artisti più esportati all’estero.
Non si vuole dire che questi presentati siano più “veri”, più “autentici” dei vari Pausini, Nek e Maneskin.
Piuttosto, qui troverete una serie di canzoni che non ho mai sentito nominare dai miei studenti ma che invece sono quasi tutte ben conosciute in Italia dagli italiani.
Ultima precisazione: non troverete brani molto recenti. Non è per amore nostalgico del passato, ma perché è oggettivamente molto difficile riconoscere quali canzoni contemporanee, con solo qualche anno d’età, siano effettivamente importanti o lo possano diventare; solo il tempo ce lo dirà.
Detto questo, andiamo ad ascoltarle insieme!
Canzone 1: Fabrizio De André - Bocca di Rosa
Fabrizio De André è stato uno dei massimi esponenti del cantautorato italiano, un genere musicale in cui il musicista non solo canta ma spesso si occupa anche di scrivere i testi (e spesso anche la musica). Influenzato dalla chanson francese e dal folk statunitense, il cantautorato italiano si è distinto per una sensibilità sociale e poetica molto spiccata. De André, in particolare, ha dato voce agli “ultimi” – oppressi, prostitute, minoranze etniche e vittime della guerra.
Questa Bocca di Rosa è forse la canzone del genere più famosa tra gli italiani, sicuramente comunque nella top 5 insieme ad altre dello stesso autore.
Parla di una donna che vive l’amore senza preoccupazioni, non preoccupandosi neanche di indagare se l’amante sia già sposato o impegnato. Così viene ostracizzata e poi cacciata dal paese, con estrema tristezza di tutti gli uomini. Con la consueta ironia, De André dipinge un ritratto vivido di un’Italia rurale tradizionalista e ipocrita, ma anche piena di umanità.
La chiamavano Bocca di Rosa
Metteva l’amore, metteva l’amore
La chiamavano Bocca di Rosa
Metteva l’amore sopra ogni cosa
Appena scese alla stazione
Nel paesino di Sant’Ilario
Tutti si accorsero con uno sguardo
Che non si trattava di un missionario
C’è chi l’amore lo fa per noia
Chi se lo sceglie per professione
Bocca di rosa né l’uno né l’altro
Lei lo faceva per passione
Ma la passione spesso conduce
A soddisfare le proprie voglie
Senza indagare se il concupito
Ha il cuore libero oppure ha moglie
E fu così che da un giorno all’altro
Bocca di rosa si tirò addosso
L’ira funesta delle cagnette
A cui aveva sottratto l’osso
Ma le comari d’un paesino
Non brillano certo in iniziativa
Le contromisure fino a quel punto
Si limitavano all’invettiva
Si sa che la gente dà buoni consigli
Sentendosi come Gesù nel tempio
Si sa che la gente dà buoni consigli
Se non può più dare cattivo esempio
Così una vecchia mai stata moglie
Senza mai figli, senza più voglie
Si prese la briga e di certo il gusto
Di dare a tutte il consiglio giusto
E rivolgendosi alle cornute
Le apostrofò con parole argute
“Il furto d’amore sarà punito”
Disse “dall’ordine costituito”
E quelle andarono dal commissario
E dissero senza parafrasare
“Quella schifosa ha già troppi clienti
Più di un consorzio alimentare”
Ed arrivarono quattro gendarmi
Con i pennacchi, con i pennacchi
Ed arrivarono quattro gendarmi
Con i pennacchi e con le armi
Spesso gli sbirri e i carabinieri
Al proprio dovere vengono meno
Ma non quando sono in alta uniforme
E l’accompagnarono al primo treno
Alla stazione c’erano tutti
Dal commissario al sacrestano
Alla stazione c’erano tutti
Con gli occhi rossi e il cappello in mano
A salutare chi per un poco
Senza pretese, senza pretese
A salutare chi per un poco
Portò l’amore nel paese
C’era un cartello giallo
Con una scritta nera
Diceva “addio bocca di rosa
Con te se ne parte la primavera”
Ma una notizia un po’ originale
Non ha bisogno di alcun giornale
Come una freccia dall’arco scocca
Vola veloce di bocca in bocca
E alla stazione successiva
Molta più gente di quando partiva
Chi mandò un bacio, chi gettò un fiore
Chi si prenota per due ore
Persino il parroco che non disprezza
Fra un miserere e un’estrema unzione
Il bene effimero della bellezza
La vuole accanto in processione
E con la Vergine in prima fila
E bocca di rosa poco lontano
Si porta a spasso per il paese
L’amore sacro e l’amor profano
La llamaban Boca de Rosa
Ponía amor, ponía amor
La llamaban Boca de Rosa
Ponía el amor sobre todo lo demás
Apenas llegó a la estación
En el pueblito de Sant’Ilario
Todos se dieron cuenta con una mirada
Que no era una misionera
Algunos hacen el amor por aburrimiento
Otros lo eligen como oficio
Boca de Rosa ni el uno ni el otro
Ella lo hacía por pasión
Pero la pasión muchas veces lleva
A satisfacer los propios deseos
Sin preguntar si el deseado
Está libre o ya tiene esposa
Y así fue que, de un día para otro
Boca de rosa atrajo sobre sí
La furia de las perras
Que le habían robado el hueso
Pero las comadres del pueblito
No brillaban por su iniciativa
Hasta ese momento, sus respuestas
Se limitaban a las quejas
Se sabe que la gente da buenos consejos
Creyéndose como Jesús en el templo
Se sabe que la gente da buenos consejos
Cuando ya no pueden dar mal ejemplo
Así que una vieja, que nunca fue esposa
Sin hijos, sin deseos ya
Se tomó la molestia, y con gusto
De dar a todas el consejo correcto
Y dirigiéndose a las cornudas
Les dijo con palabras agudas
“El robo de amor será castigado”
Dijo “por el orden establecido”
Y ellas fueron al comisario
Y dijeron sin rodeos
“Esa asquerosa ya tiene demasiados clientes
Más que un supermercado”
Y llegaron cuatro gendarmes
Con los penachos, con los penachos
Y llegaron cuatro gendarmes
Con los penachos y las armas
A menudo los policías y los carabineros
No cumplen con su deber
Pero no cuando van en uniforme de gala
Y la acompañaron al primer tren
En la estación estaba todo el mundo
Desde el comisario hasta el sacristán
En la estación estaba todo el mundo
Con los ojos rojos y el sombrero en la mano
A despedir a quien, por un poco
Sin pretensiones, sin pretensiones
A despedir a quien, por un poco
Llevó el amor al pueblo
Había un cartel amarillo
Con letras negras
Decía “adiós Boca de Rosa
Con ella se va la primavera”
Pero una noticia original
No necesita de periódico
Como una flecha lanzada del arco
Vuela rápido de boca en boca
Y en la estación siguiente
Muchísima más gente que cuando partía
Algunos mandaron un beso, otros tiraron una flor
Otros se apuntaron para dos horas
Incluso el párroco que no desprecia
Entre un miserere y una extrema unción
El bien efímero de la belleza
La quiere al lado en la procesión
Y con la Virgen en primera fila
Y Boca de Rosa no muy lejos
Se lleva paseando por el pueblo
El amor sagrado y el amor profano
Canzone 2: Paolo Conte - Diavolo Rosso
Paolo Conte è parte del panorama cantautorale italiano, ma si distingue nettamente dal più classico De André. Il suo stile musicale e compositivo affonda le radici nel jazz europeo, con arrangiamenti raffinati e testi simbolici, spesso astratti. Conte descrive il jazz come un meccanismo complesso: “Aprire il cofano di un’auto e osservare il motore e gli ingranaggi lavorare insieme.”
Questo approccio si riflette nella sua musica, in cui ogni elemento sembra parte di un sistema stabile appena quanto basti per la sua riuscita eccellente.
Diavolo Rosso è una delle mie canzoni preferite del mio artista preferito, è una fotografia istantanea di un paesaggio.
Il brano è un omaggio a Giovanni Gerbi, ciclista italiano nato nel 1885 e soprannominato proprio “Diavolo Rosso”. La canzone adotta il punto di vista del ciclista, immaginandolo mentre attraversa il paesaggio rurale piemontese durante una corsa. Conte, affascinato dai primi anni del Novecento – con le loro innovazioni tecnologiche, la vita rurale e l’inizio delle grandi trasformazioni sociali – dipinge con dettagli vividi un’Italia sospesa tra mito e realtà.
Un piccolo accenno anche alla musica: l’incessante ostinato di chitarra rappresenta il vortice frenetico delle ruote nella corsa, veloce e agitato, in contrapposizione con il testo che, invece, tratteggia paesaggi e atmosfere con delicatezza quasi impressionista. Questo dualismo – velocità e quiete, azione e contemplazione – rende Diavolo Rosso un piccolo capolavoro, perfetto esempio della capacità di Conte di fondere musica e poesia.
Quelle bambine bionde
Con quegli anellini alle orecchie
Tutte spose che partoriranno
Uomini grossi come alberi
Che quando cercherai di convincerli
Allora lo vedi che sono proprio di legno
Diavolo rosso, dimentica la strada
Vieni qui con noi a bere un’aranciata
Contro luce tutto il tempo se ne va
Guarda le notti più alte
Di questo nord-ovest bardato di stelle
E le piste dei carri gelate
Come gli sguardi dei francesi
Un valzer di vento e di paglia
La morte contadine
Che risale le risaie
E fa il verso delle rane e puntuale
Arriva sulle aie bianche
Come le falciatrici a cottimo
Voci dal sole, altre voci
Da questa campagna altri abissi di luce
E di terra e di anima, niente
Più che il cavallo è il chinino
E voci e bisbiglio d’albergo
Amanti di pianura
Regine di corriere e paracarri
La loro, la loro discrezione antica
È acqua e miele
Diavolo rosso, dimentica la strada
Vieni qui con noi a bere un’aranciata
Contro sole tutto il tempo se ne va
Girano le lucciole
Nei cerchi della notte
Questo buio sa di fieno e di lontano
E la canzone forse sa di ratafià
Esas niñas rubias
Con esos anillitos en las orejas
Todas esposas que parirán
Hombres grandes como árboles
Que cuando trates de convencerlos
Entonces verás que son de madera
Diablo rojo, olvida el camino
Ven aquí con nosotros a beber una soda
Contra la luz, todo el tiempo se va
Mira las noches más altas
De este noroeste vestido de estrellas
Y las huellas de los carromatos congeladas
Como las miradas de los franceses
Un vals de viento y paja
La muerte campesina
Que sube por los arrozales
Y hace el sonido de las ranas y puntualmente
Llega a los patios blancos
Como las cosechadoras a destajo
Voces del sol, otras voces
De campo, otros abismos de luz
Y de tierra y de alma, nada
Más que el caballo es la quinina
Y voces y susurros de hotel
Amantes de llanura
Reinas de autobuses y postes de cemento
La suya, su antigua discreción
Es agua y miel
Diablo rojo, olvida el camino
Ven aquí con nosotros a beber una soda
Contra el sol, todo el tiempo se va
Giran las luciérnagas
En los círculos de la noche
Esta oscuridad sabe a heno y a lejano
Y la canción tal vez sabe a ratafía*
* Ratafià es un licor con una variante muy extendida en el Piemonte pero también presente en otras regiones y países (especialmente Francia y Suiza)
Canzone 3: Ivano Fossati - La Mia Banda Suona il Rock
Ivano Fossati è un cantautore italiano poliedrico, noto per la capacità di mescolare influenze musicali diverse, dal rock al pop fino alla musica etnica. Rispetto a figure come De André o Conte, Fossati si distingue per un approccio più eclettico ma sostanzialmente più rock ‘n’ roll.
La Mia Banda Suona il Rockuscita nel 1979, è sicuramente il suo brano più famoso. La canzone racconta, con un tono ironico e scanzonato, di una banda musicale che attraversa generi e confini, metafora di libertà creativa e anticonformismo. Il brano usa il rock come genere e come tema anche per affrontare una sottile critica sociale, suggerendo che la musica può abbattere barriere culturali e unire le persone, senza la necessità di prendersi mai troppo sul serio.
Il pezzo è una fusione di rock e pop leggero, con un groove accattivante e un ritornello che rimane immediatamente in mente. La “banda” diventa il simbolo di una musica libera, capace di suonare “per chi l’ha visto e per chi non c’era, per chi sognava e per chi sperava”, abbracciando idealmente ogni ascoltatore.
La mia banda suona il rock
E tutto il resto all’occorrenza
Sappiamo bene che da noi
Fare tutto è un’esigenza
È un rock bambino
Soltanto un po’ latino
Una musica che è speranza
Una musica che è pazienza
È come un treno che è passato
Con un carico di frutti
Eravamo alla stazione, sì
Ma dormivamo tutti
E la mia banda suona il rock
Per chi l’ha visto e per chi non c’era
E per chi quel giorno lì
Inseguiva una sua chimera
Oh, non svegliatevi
Oh, non ancora
E non fermateci
No no oh, per favore no
La mia banda suona il rock
E cambia faccia all’occorrenza
Da quando il trasformismo
È diventato un’esigenza
Ci vedrete in crinoline
Come brutte ballerine
Ci vedrete danzare
Come giovani zanzare
Ci vedrete alla frontiera
Con la macchina bloccata
Ma lui ce l’avrà fatta
La musica è passata
È un rock bambino
Soltanto un po’ latino
Viaggia senza passaporto
E noi dietro col fiato corto
Lui ti penetra nei muri
Ti fa breccia nella porta
Ma in fondo viene a dirti
Che la tua anima non è morta
E non svegliatevi
Oh, non ancora
E non fermateci
No no, per favore no
La mia banda suona il rock
Ed è un’eterna partenza
Viaggia bene ad onde medie
E a modulazione di frequenza
È un rock bambino
Soltanto un po’ latino
Una musica che è speranza
Una musica che è pazienza
È come un treno che è passato
Con un carico di frutti
Eravamo alla stazione, sì
Ma dormivamo tutti
E la mia banda suona il rock
Per chi l’ha visto e per chi non c’era
E per chi quel giorno lì
Inseguiva una sua chimera
Oh, non svegliatevi
Oh, non ancora
E non fermateci
No no no ah, per favore no
Mi banda toca rock
Y todo lo demás según se necesite
Sabemos bien que aquí
Hacer de todo es necesario
Es un rock niño
Solo un poco latino
Una música que es esperanza
Una música que es paciencia
Es como un tren que pasó
Con un cargamento de frutos
Estábamos en la estación, sí
Pero todos dormíamos
Y mi banda toca rock
Para los que lo vieron y para los que no estaban
Y para los que ese día
Perseguían su propia quimera
Oh, no se despierten
Oh, aún no
Y no nos detengan
No, no, por favor no
Mi banda toca rock
Y cambia de cara según se necesite
Desde que el transformismo
Se volvió una exigencia
Nos verán en crinolinas
Como feas bailarinas
Nos verán bailar
Como jóvenes zancudos
Nos verán en la frontera
Con el carro detenido
Pero el* habrá pasado
La música lo logró
Es un rock niño
Solo un poco latino
Viaja sin pasaporte
Y nosotros detrás, sin aliento
Él* penetra en los muros
Te abre brechas en la puerta
Pero al final viene a decirte
Que tu alma no está muerta
Y no se despierten
Oh, aún no
Y no nos detengan
No, no, por favor no
Mi banda toca rock
Y es una eterna partida
Viaja bien por onda media
Y en modulación de frecuencia
Es un rock niño
Solo un poco latino
Una música que es esperanza
Una música que es paciencia
Es como un tren que pasó
Con un cargamento de frutos
Estábamos en la estación, sí
Pero todos dormíamos
Y mi banda toca rock
Para los que lo vieron y para los que no estaban
Y para los que ese día
Perseguían su propia quimera
Oh, no se despierten
Oh, aún no
Y no nos detengan
No, no, no, ah, por favor no
* cuando las letras se refieren a “el” habla de “el rock”
Canzone 4: Mina - Se Telefonando
Mina è una delle voci più iconiche e amate della musica italiana, soprannominata la “Tigre di Cremona” per la sua potenza vocale e il carisma unico. Con una carriera straordinaria e un repertorio vastissimo, Mina ha spaziato tra generi e stili, reinventandosi continuamente. Tra i suoi brani più celebri spicca Se Telefonando, pubblicata nel 1966.
Scritta da Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara, con la musica del grandissimo Ennio Morricone, Se Telefonando è un capolavoro di costruzione melodica e interpretativa.
Il testo racconta di un amore effimero, un incontro che non riesce a trasformarsi in qualcosa di duraturo, destinato a far male comunque nel momento della fine.
L’unicità sta, oltre che nella favolosa interpretazione della cantante, anche nell’ingegno compositivo del maestro Morricone che ideò la musica da un intuizione banale ma geniale: a Marsiglia in Francia ascoltando il suono delle sirene della polizia, che lì, contrariamente che in Italia, sono tritonali (ovvero con tre note), volle replicare l’effetto per una canzone. Ecco che così, da un motivo ripetitivo e ipnotico, sperimentando con cambi di tonalità e ritmi incalzanti nacque un piccolo gioiello.
Il ritornello, con il celebre “Se telefonando, io potessi dirti addio…”, è diventato uno dei momenti più riconoscibili e intensi della musica italiana. La canzone non solo ha segnato un’epoca, ma continua a essere considerata un capolavoro senza tempo, cantato a squarciagola ogni singola volta che viene passato in radio, dimostrando come Mina abbia saputo interpretare e valorizzare al massimo le innovazioni musicali del maestro Morricone.
Lo stupore della notte
Spalancata sul mar
Ci sorprese che eravamo sconosciuti
Io e te
Poi nel buio le tue mani
D’improvviso sulle mie
È cresciuto troppo in fretta
Questo nostro amor
Se telefonando
Io potessi dirti addio
Ti chiamerei
Se io rivedendoti
Fossi certo che non soffri
Ti rivedrei
Se guardandoti negli occhi
Sapessi dirti basta
Ti guarderei
Ma non so spiegarti
Che il nostro amore appena nato
È già finito
Se telefonando
Io volessi dirti addio
Ti chiamerei
Se io rivedendoti
Fossi certo che non soffri
Ti rivedrei
Se guardandoti negli occhi
Sapessi dirti basta
Ti guarderei
Ma non so spiegarti
Che il nostro amore appena nato
È già finito
È già finito
El asombro de la noche
Abierta frente al mar
Nos sorprendió siendo extraños
Tú y yo
Luego, en la oscuridad, tus manos
De repente sobre las mías
Este amor nuestro ha crecido
Demasiado rápido
Si llamándote por teléfono
Pudiera decirte adiós
Te llamaría
Si al volver a verte
Estuviera seguro de que no sufres
Te vería
Si al mirarte a los ojos
Supiera decirte basta
Te miraría
Pero no sé explicarte
Que este amor nuestro, apenas nacido
Ya ha terminado
Si llamándote por teléfono
Quisiera decirte adiós
Te llamaría
Si al volver a verte
Estuviera seguro de que no sufres
Te vería
Si al mirarte a los ojos
Supiera decirte “basta”
Te miraría
Pero no sé explicarte
Que este amor nuestro, apenas nacido
Ya ha terminado
Ya ha terminado
Canzone 5: Franco Battiato - E ti Vengo a Cercare
Anche se molto differente dalla precedente traccia ho dovuto inserire qualcosa di Battiato in questa prima parte del nostro viaggio tra le canzoni italiane. Credo che, se non lo avessi fatto, sarei stato passabile di ritiro del passaporto e forse revoca della cittadinanza.
Questo è per farvi capire quanto importante sia nel nostro paese il cantautore di Catania.
Franco Battiato è stato uno degli artisti più importanti e poliedrici della musica italiana, capace di mescolare elementi di musica pop, rock, elettronica e musica classica, con testi che spaziano dalla filosofia all’esoterismo, dalla politica alla spiritualità.
La canzone esplora il tema dell’amore e della ricerca dell’altro, ma con una profondità che va oltre il semplice sentimento romantico. Ma può essere nello stesso momento anche interpretato, forse più vicino alle reali intenzioni dell’autore (o forse no), come una ricerca spirituale, della divinità, anche se non necessariamente in senso lato.
La frase “E ti vengo a cercare” si ripete come un mantra, creando un senso di urgenza e determinazione, ma anche di speranza. La ricerca dell’altro si trasforma in una ricerca di sé, di un senso più profondo dell’esistenza. Come si suol dire trovare l’altro per trovare sé stessi (o viceversa).
Con E ti vengo a cercare, Battiato crea un brano che, pur rimanendo ancorato alla realtà quotidiana, si innalza a un livello di spiritualità e di ricerca del trascendente, temi carissimi all’autore.
La canzone è una delle sue opere più emblematiche, che riesce a fondere semplicità e profondità, sensibilità e riflessione, in un equilibrio perfetto.
E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare
Perché ho bisogno della tua presenza
Per capire meglio la mia essenza
Questo sentimento popolare
Nasce da meccaniche divine
Un rapimento mistico e sensuale
Mi imprigiona a te
Dovrei cambiare l’oggetto dei miei desideri
Non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
Fare come un eremita
Che rinuncia a sé
E ti vengo a cercare
Con la scusa di doverti parlare
Perché mi piace ciò che pensi e che dici
Perché in te vedo le mie radici
Questo secolo oramai alla fine
Saturo di parassiti senza dignità
Mi spinge solo ad essere migliore
Con più volontà
Emanciparmi dall’incubo delle passioni
Cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male
Essere un’immagine divina
Di questa realtà
E ti vengo a cercare
Perché sto bene con te
Perché ho bisogno della tua presenza
Y vengo a buscarte
Aunque sea solo para verte o hablar,
Porque necesito de tu presencia
Para entender mejor mi esencia
Este sentimiento popular
Nace de mecánicas divinas,
Un rapto místico y sensual
Que me atrapa hacia ti
Debería cambiar el objeto de mis deseos,
No conformarme con las pequeñas alegrías cotidianas,
Hacer como un ermitaño
Que renuncia a sí mismo
Y vengo a buscarte
Con la excusa de tener que hablar contigo,
Porque me gusta lo que piensas y dices,
Porque en ti veo mis raíces
Este siglo ya al final,
Saturado de parásitos sin dignidad,
Solo me empuja a ser mejor,
Con más voluntad
Emanciparme de la pesadilla de las pasiones,
Buscar el Uno por encima del Bien y el Mal,
Ser una imagen divina
De esta realidad
Y vengo a buscarte
Porque estoy bien contigo,
Porque necesito de tu presencia